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Chaturanga Dandasana

Quello che affronteremo oggi è un asana molto conosciuto, che genera odio-amore in tutti coloro che praticano il Vinyasa: Chaturanga Dandasana. 

 Come sempre partiamo dall’etimologia della parola: CHATUR significa “quattro”, ANGA sta per “arti” e DANDA per “bastone”. La traduzione letterale, quindi, sarebbe la posizione del bastone sui quattro arti. 

L’idea è proprio quella di riuscire a scendere con il corpo parallelo a terra, affidandosi alla pressione sulle mani e sui piedi. Questo asana rappresenta infatti un esempio prefetto di azione rivolta verso il centro del corpo per contrastare la forza di gravità. Non tutti sanno che il focus di questo asana è l’estensione della colonna e la sfida sta nel riuscire a mantenere l’allungamento, esattamente come abbiamo visto per altre posizioni come ad esempio Tadasana, contrastando la gravità che spinge verso terra. 

 L’esecuzione di questa posizione non si limita a una flessione verso il basso: partendo dalla posizione della panca o linea retta (in sanscrito Phalakasana), il movimento di discesa parte dal tronco che spinge tutto il corpo in avanti fino a portarsi sulla punta delle dita dei piedi per poi piegare i gomiti, tenendoli adiacenti al tronco, e scendere mantenendo il corpo parallelo a terra. Ciò che accade nella parte alta della colonna è un movimento che ha origine nel petto e, spingendo in avanti, crea spazio per l’apertura delle clavicole e per la rotazione verso l’interno delle scapole, così da liberare le vertebre toraciche. Nella parte bassa della colonna, invece, si crea una lieve contro-nutazione del bacino, lasciando scivolare il sacro verso i talloni, estendendo e nutrendo la parte lombare.

Una delle criticità legate a questo asana, infatti, è quella di incorrere nell’iperestensione lombare con la conseguente flessione dell’anca. Per contrastare questo rischio, oltre alla contro-nutazione del bacino, è importante spingere i muscoli posteriori delle cosce verso l’alto. 

Nella parte superiore del corpo potrebbe verificarsi un altro fattore di debolezza, ovvero la mancanza di sostegno da parte dei tricipiti, che porta a collassare le spalle verso il basso sovraccaricando i pettorali. Per ovviare a questo problema, possiamo iniziare a praticare questo asana senza scendere troppo, in modo che il corpo abbia la forza di sostenersi, mantenendo l’apertura del petto e l’estensione della colonna.

 Come abbiamo visto anche in precedenza, l’inspirazione aiuta ad accresce la capacità di estendere e inarcare la colonna; mentre l’espirazione crea un movimento di ritorno verso il centro, un tornare a casa, grazie alla contrazione di tutta la parete addominale verso la colonna vertebrale. Per mantenere la postura corretta in Chaturanga Dandasana utilizzeremo l’espirazione, in modo da portare sostegno alla parte centrale del corpo durante la discesa e mantenere la contro-nutazione del bacino. Questa posizione del bacino non deve essere intesa come un annullamento della naturale lordosi lombare, ma semplicemente come un'estensione volta a creare spazio tra le vertebre e a garantire il sostengo nel centro del corpo. La lordosi lombare, quindi, viene rispettata, così come mantenere il mento leggermente sollevato e lo sguardo in avanti aiuterà a non annullare la lordosi cervicale: il capo, in questo modo, resterà in posizione neutra. Molto spesso, infatti, si lascia che la testa cada verso il basso, causando uno slittamento in avanti delle vertebre e un appiattimento della naturale curva del collo. Oltre a essere pericoloso per le vertebre cervicali, più piccole e molto mobili, tale esercizio rischia con il tempo di stressare la muscolatura di spalle e collo creando fastidi o addirittura contratture. Non di meno, lasciare che il capo cada verso il basso, significa impedire al petto di espandersi, rinunciando al vero focus di questo asana.

 Molti allievi lamentano in questa posizione fastidi ai polsi e la cosa è abbastanza normale visto il carico che portiamo in quella parte. L’unica accortezza è quella di mantenere gli avambracci perpendicolari a terra in modo da scaricare equamente il peso sotto tutta la superficie della mano. In questo modo si ottiene uno dei benefici di Chaturanga che è quello di donare un intenso stretching dei polsi, oltre alla capacità di rafforzarli significativamente. Nel caso in cui il tappetino fosse troppo spesso o morbido, il palmo della mano potrebbe sprofondare, iper-estendendo i polsi e gli avambracci. 

Un’accortezza da mantenere sempre in Chaturanga è quella di non ruotare le mani esternamente, ma di lasciare le dita rivolte in avanti con gli indici paralleli tra loro (per alcune persone funziona meglio portare le dita medie parallele; questo dipende dalla conformazione di ulna e radio). Il peso si porta su tutta la superficie della mano, con particolare attenzione alla radice dell’indice che, premendo bene a terra, attiva la muscolatura interna delle braccia.

 Gli altri benefici generati da questa pratica sono la tonicità dei muscoli di braccia, torace e addome, l’allungamento della colonna vertebrale e il massaggio dei organi interni dovuto alla contrazione della parete addominale verso il centro del corpo.