Guarire con lo yoga e il ruolo dell’Insegnante di Margherita Tisato

Cosa vuol dire “guarire”? E che ruolo hanno insegnanti e insegnamenti nella guarigione che avviene nei praticanti di yoga?

Secondo la mia personale esperienza, la guarigione è l’abilità emergente di metabolizzare e integrare eventi, sia in termini fisici sia psicologici, coltivando cambiamento o stabilità a seconda del momento, con il supporto di relazioni di fiducia, di una prospettiva di compassione, e di una forte libertà di scelta. 

 Dai milioni di praticanti di yoga nel mondo abbiamo testimonianze che includono guarigioni inaspettate e trasformazioni significative a seguito di patologie fisiche o psicologiche, ma anche esperienze traumatiche che risultano in disturbi di varie sfumature. Considerando l'ampiezza e la diversità delle pratiche yoga, a seconda delle differenze ambientali e storiche, delle influenze culturali e dell'approccio degli insegnanti, mi chiedo spesso che cosa renda una pratica di yoga terapeutica piuttosto che traumatica.

 Culturalmente tendiamo ad attribuire a certe pratiche, persone o strumenti (siano medicinali o asana, dottori o insegnanti) la capacità di guarirci: quando incontriamo una guida che ci aiuta la ringraziamo per averci curati. Nello "slang" dello yoga spesso sentiamo la frase "practice, and all is coming", ovvero "pratica, e tutto si realizzerà", e questo ci ricorda che c'è una pratica o un asana per ogni malanno. 

Ciò che credo sia assente, in questo modo di considerare la relazione fra le pratiche e la guarigione, è il ruolo del praticante stesso, della capacità del suo corpo di rigenerarsi in maniera costante, così come della sua mente di cambiare ed evolvere imparando dalle esperienze a cui siamo sottoposti. Manca, in poche parole, la qualità emergente della guarigione.

 Sono stata a centinaia di lezioni di yoga nei miei vent'anni di pratica. Ho ascoltato insegnanti dipingere lo yoga come la scienza della realizzazione di sé, salvo poi sminuire e negare la mia esperienza, imponendomi di assoggettarmi alla loro narrativa. 

Ho avuto insegnanti che non sono riusciti a sostenere la mia ricerca di intensità come una via per esplorare diversi stati di consapevolezza, e che hanno ridotto la mia intenzione a patologia, nel nome della sicurezza. 

Ho anche avuto insegnanti che sono riusciti a creare spazio per far sì che io coltivassi, attraverso tentativi ed errori, ogni possibilità per creare il mio percorso di guarigione. Non mi hanno dato risposte, ma mi hanno aiutato a crearle. 

Da questi ultimi ho imparato che la guarigione si presenta in modi diversi, tanti quante sono le persone che la cercano. La guarigione è una possibilità intrinseca in ognuno di noi, che emerge con l'aiuto di informazioni, fiducia, e dello spazio necessario per sperimentare.

Dagli altri ho imparato che si può guarire usando gentilezza e piccoli gesti coltivati con grande attenzione, così come passando attraverso il fuoco liberatore del dolore, con certezza e continua presenza.

 Insegno yoga da dieci anni, in luoghi tipici e non, come carceri e comunità di ricovero, e ho visto persone sperimentare la propria abilità di guarigione in centinaia di modi, tutti validi, tutti diversi. Guarire il corpo con il movimento e con il riposo; guarire la mente attraverso il conforto o la sfida.

Quello che ogni volta ha consentito di trovare la "cura" non erano tanto gli esercizi che facevamo o la mia abilita di insegnante, quanto la fiducia nello spazio che avevamo creato insieme, e la chiarezza della loro presenza nell'esperienza del proprio corpo-mente. 

Il mio ruolo di insegnante è come quello di Shiva: garantire uno spazio sicuro che permetta l'emergere dell'intrinseca abilità di guarire che tutti i miei studenti hanno deciso di condividere coraggiosamente con me, per se stessi, coltivando la propria autonomia e intelligenza.

Il mio ruolo di praticante e studente, invece, è quello di trovare il coraggio di afferrare le redini e ricordarmi che, mentre gli strumenti possono arrivare da un insegnante o da un libro, il lavoro è interamente mio: non vengo guarita dagli elementi esterni, ma da me stessa, continuamente, inesorabilmente.