Samasthiti
Il post di oggi è dedicato a un asana che la tradizione chiama Samasthiti, parola composta da SAMA, ovvero “uguale”, e STHITI, che significa “stare”, “rimanere”.
È una posizione utilizzata spesse volte all’inizio della pratica e ha un po’ il ruolo di richiamare la nostra attenzione, aiutando a portarci nel momento presente prima di cominciare la sequenza.
Questo asana viene spesse volte associato a Tadasana, posizione della montagna; in realtà ci sono delle differenze.
Samasthiti è una posizione in piedi che ci aiuta a portare attenzione e ascolto alla struttura scheletrica del nostro corpo.
Iniziando con i piedi leggermente separati e le ginocchia sbloccate, si ha modo di osservare bene il contatto della pianta dei piedi con il suolo, individuando i quattro punti di appoggio di ciascuno di essi (sotto la base di alluce e mellino e ai due lati esterni del tallone). Per percepirli ancora meglio, è utile sollevare e separare al massimo le dieci dita, in modo da sentire bene la spinta del metatarso a terra che sveglia la muscolatura interna delle gambe. Come abbiamo già visto, nello Yoga neanche il più piccolo dei movimenti è scollegato dal respiro: attraverso lunghe espirazioni dalla bocca, il corpo si radica a terra, potremmo dire che si arrende alla fiducia nel sostegno che la terra gli ha sempre dato, instaurando un rapporto: la terra accoglie il nostro peso, senza per questo farci perdere il senso del sé. Nell’abbandono del peso del corpo alla terra è insito il suo sostegno, che ci permette di muoverci.
Mantenendo le ginocchia sbloccate, è possibile sia osservare un senso di morbidezza in tutta la rotondità del bacino, lo snodo articolare più grande che abbiamo nel corpo, sia aiutare il coccige ad allungarsi verso il centro della terra, creando una morbida contro-nutazione.
Fin da subito si capisce l’effetto radicante di questo asana, che aiuta a trovare stabilità e centratura.
Una volta sentite le radici che affondano nella terra, una lunga ispirazione permette di tornare a distendere le gambe e sentire che il suolo al quale si è affidato il peso restituisce una spinta. Dalla pianta dei piedi fino alla sommità del capo l’energia percorre il corpo portando con sé un senso di leggerezza ed estensione, lasciando che il sistema scheletrico trovi il suo naturale equilibrio.
I tre diaframmi del corpo (parete pelvica, diaframma e palato, a cui dedicheremo uno dei prossimi post) si allineano seguendo l’asse della colonna e si ammorbidiscono.
Gli occhi possono restare chiusi, con lo sguardo, Drsti, rivolto all’intersezione delle sopracciglia; oppure possono essere leggermente aperti con il Drsti rivolto alla punta del naso.
La colonna vertebrale mantiene le sue due lordosi e le sue due cifosi naturali, sperimentando l’energia che l'attraversa nella sua parte portante, ovvero quella anteriore. Vedremo più avanti come uno dei focus maggiori nella pratica degli asana siano la colonna e le energie che l'attraversano; per oggi ci limitiamo a soffermare l’attenzione sul prendere consapevolezza della sua parte frontale come parte viva. In Samasthiti questo risulta particolarmente evidente, potendo sperimentare l’appoggio di una vertebra sull’altra e la sua morbidezza quando si libera il respiro.
In questo modo si trova trova l’equilibrio del corpo attraverso la sua struttura scheletrica, semplicemente lasciando che un osso poggi sull'altro fino ad arrivare a scaricare il peso a terra attraverso i piedi. Come ricorda Amy Matthews: “Le nostre ossa sono fatte l’una per l’altra. Tutti i punti in cui le ossa si toccano sono curvi e hanno la giusta forma per l’incontro di ossa specifiche”.
A differenza di Tadasana (che affronteremo nel prossimo post), Samasthiti richiede semplicemente di “stare” senza attivare. È un asana fortemente introspettivo e radicante. Da molti il suo significato viene interpretato come un “comando alla pratica”, un po’ come l'“attenti” di tradizione militare; per me Samasthiti è un modo per cercarmi, per chiedermi come sto e iniziare a essere curiosa verso me stessa e da lì aprirmi alla pratica.