Manas
1.1 Atha yoga-anuśāsanam
1.2 Yogaś-citta-vr̥tti-nirodhaḥ
1.3 Tadā draṣṭuḥ svarūpe-'vasthānam
1.4 Vr̥tti sārūpyam-itaratra
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Qui inizia l’esposizione dell’arte sacra dello yoga
Lo yoga calma le fluttuazioni della mente
Così che l’intelligenza possa emergere
Altrimenti l’intelligenza prende i colori della mente
Un giorno Hanuman chiese a Sita come mai passasse sempre così tanto tempo raccolta in sé nel pensiero. Sita si stupì della domanda e chiese se per lui fosse un male pensare tanto. Così Hanuman spiegò che per i Vanara, il popolo delle scimmie (semi divinità), il pensiero non sia altro che l’involuzione dell’essere umano. Per Sita, di contro, la capacità di pensiero della mente è proprio ciò che distingue il genere umano da quello animale, che ne definisce il potenziale.
Ancora oggi ci si affida molto al potere di una mente sempre attiva, al punto che di frequente ci si dimentica dell’esistenza del corpo e delle sue esigenze.
I primi quattro Sutra di Patanjali riportati qui sopra indicano proprio la differenza tra Manas, la mente, e Buddhi, che possiamo tradurre come “testimone”, ovvero l’intelligenza discernitrice.
Secondo uno dei più antichi testi di riferimento dello Yoga, il Samkhya, Manas non è altro che un collettore delle informazioni che vengono dai sensi, quindi è la nostra capacità di percepire. L’occhio vede, ma non servirebbe a nulla senza la mente che “dà” la vista.
Una delle maggiori cause di malattia secondo l’antica scienza ayurvedica è “prajnaparadha”, ovvero la sopraffazione della capacità di osservazione. La mente ci mette in contatto con il mondo esterno attraverso i sensi e da essi trae informazioni. Se la mente, però, assume un ruolo di dominio, allora tenderà ad attaccarsi a determinate informazioni e a rifuggirne altre. Piacere e dolore non esistono in sé, sono solo prodotti della mente: perseguire l’idea di piacere comporta un attaccamento che sovrasta i colori della realtà e che ci costringe a oscillare tra il passato, ovvero il ricordo di ciò che ha generato piacere, e il futuro, ovvero il tentativo di reiterare quella sensazione. Lasciare che la mente vaghi tra passato e futuro è una caratteristica esclusiva dell’essere umano, e che possiamo identificare con l’immaginazione. Ma solo la mente che riesce a fermarsi nel presente, e quindi a sospendere il processo immaginifico, diventa una mente centrata, una mente sattvica.
L’intelligenza, quindi, non è la capacità cognitiva di raccolta e memorizzazione delle informazioni sensoriali, ma è l'abilità di discernere ciò che è adeguato per noi da ciò che non lo è; ciò che è utile da ciò che è superfluo o fuorviante. È accettare ciò che siamo e agire di conseguenza nel rispetto della propria natura e non secondo quello che pensiamo di essere.
Il ruolo dello Yoga nella nostra vita è proprio quello di aiutarci a dirigere i sensi verso l'interno di noi stessi, al fine di trovare il nostro centro e spegnere il chiacchiericcio mentale che ci tiene occupati e ci fa vivere spesso una vita di seconda mano.