Tadasana & Talasana
Nel post precedente abbiamo parlato di Samasthiti, un asana che apre le porte interiori donandoci il contatto con noi stessi e con il nostro respiro. Oggi parliamo di due suoi asana “fratelli”: Tadasana e Urdhva hastasana o Talasana, che sono entrambe posizioni che appartengono al gruppo delle estensioni della colonna vertebrale. Come abbiamo già visto nel Vinyasa, la capacità di estendere la colonna si attiva in inspirazione, accrescendo l’idea di spazio tra le vertebre, di leggerezza per l’intera colonna e di lunghezza per il tronco.
aL’etimologia della parola Tadasana è composta da TADA, “montagna”, e ASANA, “posizione”, e nella tradizione indiana viene considerata come essenza di stabilità e radicamento. Esattamente come le montagne, questo asana ci dona immobilità, forza e potere del rilassamento. Nel suo testo “Myths of Asana”, Alanna Kayvalya sottolinea: “Quando siano in Tadasana, la testa, vicina al paradiso, riceve la benedizione che si irradia poi in tutto il corpo come un fiume. La postura solida e radicata in questo asana pone le basi per l’intera pratica”.
La tradizione indiana associa questo asana a una montagna sacra chiamata Kailas, con due laghi alle sue pendici: uno a forma di sole e l’altro a forma di luna crescente, che rappresentano l’Hatha Yoga (Ha = Sole; Tha = Luna). La cima del monte Kailas viene associata al nostro settimo chakra, Sahasrara, mentre i due laghi vengono associati alle nostre due fonti di energia Ida, la narice sinistra, e Pingala, la narice destra. In mezzo scorre un canale centrale, Sushumna, che muove verso il più alto livello di coscienza. Quando siamo in Tadasana cerchiamo allo stesso tempo il radicamento nella madre terra e l’allungamento verso il cielo. La nostra colonna vertebrale ben estesa diventa il canale per la nostra energia, liberando il flusso del Prana in tutto il corpo.
Lo Yoga si basa sulle relazioni; la stessa parola “allineamento”, spesse volte abusata nella pratica, implica al suo interno una relazione: mi allineo a qualcosa. È importante comprendere che non posso trovare l’estensione in un asana se prima non ho affondato le radici nella terra. In Tadasana l’espirazione ci permette di radicare bene il corpo, sentendo sprofondare tutto il peso sulla pianta dei piedi. La base degli alluci (metatarso) spinge contro il terreno, restituendo l’attivazione della parte interna delle gambe su fino alla parete pelvica, innescando così il Mula Bandha.
È sempre grazie all’espirazione che si attiva un movimento di contrazione verso l’interno, come un tornare a casa, verso il nucleo centrale, lasciando che tutta la parete addominale si contragga in direzione della colonna vertebrale, con la conseguente attivazione del Uddiyana Bandha (sui Bandha ci soffermeremo in un post dedicato).
Solo dopo aver trovato la connessione con la terra e con il suo sostegno, l’inspirazione che sopraggiunge porterà con sé l’elevazione verso l’alto, leggerezza nella colonna, il diffondersi del Prana in tutto il corpo. Come abbiamo già visto per Samashtiti, i tre diaframmi del corpo si allineano, lasciando che la colonna mantenga le sue curve naturali (cifosi toracica e sacrale, lordosi lombare e cervicale). Una leggera contro-nutazione del bacino, tuttavia, aiuta a dare maggiore sostegno al centro del corpo, ad attivare i due Bandha sopra menzionati e a dare spazio alla parte bassa della colonna.
Il Dristi è rivolto poco più in alto della linea degli occhi, mentre le braccia, adiacenti al corpo, si distendono attivamente verso il basso, lasciando che le spalle si separino dalle orecchie.
Quanto detto finora vale per entrambe le posizioni si cui ci concentriamo oggi; la differenza essenziale sta nella posizione delle braccia. In Urdhva Hastasana o Talasana, infatti, le braccia sono distese oltre la testa, in linea con le orecchie.
Ci piace sottolineare che in sanscrito Urdhva Hastasana vuol dire letteralmente “braccia oltre la testa”, mentre Talasana viene tradotto come “albero della palma” (Palm Tree).
In questa posizione, che viene considerata una variante di Tadasana, è importante che le braccia non indietreggino oltre la linea delle orecchie e che le spalle rimangano morbide e rilassate verso il basso. Una leggera pronazione delle mani permette di far ruotare gli omeri e le scapole in modo da liberare le vertebre toraciche che possono aprirsi leggermente verso l’alto.